Dr. Paolo Cavallo

Farmacista Clinico ed Esperto in Scienza e Tecnologia Cosmetiche

 

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Ultimo aggiornamento: 12-03-24

 

Un Lavoro Scientifico in Cosmetologia pubblicato su una Rivista Internazionale Specializzata

 


 

1- Cenni Storici

 

L'uso della cosmetica per abbellire e/o migliorare il corpo umano si perde nella notte dei tempi. Abbiamo infatti fonti che ne attestano l'uso già nella preistoria, forse per incutere timore a prede e avversari, per rituali religiosi e magici, ed in seguito, per scopi più o meno simili, anche tra Assiri, Sumeri, Babilonesi, Ebrei, Egiziani, Persiani, Cretesi, Pitti (tribù del Nord della Scozia chiamati così dai Romani proprio perché "dipinti"), e così via. L'uso della cosmetica però è cambiato da epoca ad epoca, di pari passo con il concetto di bellezza, adattandosi al gusto, alle esigenze e alle tendenze specifiche.

 

Nella cultura greca, con Galeno in primis, si cominciò però a definire per bene cosa fosse la cosmetica: anzi i greci distinsero proprio una cosmetica più propriamente "igienica", la cosiddetta cosmetiché tecne, da una cosmetica più ornamentale ed effimera, detta commotiché tecne. La prima di competenza prettamente dei medici, mentre la seconda appartenente a cortigiane, meretrici ed omosessuali con a margine le donne più pudiche che si limitavano a schiarire il viso.

 

I romani poi, una volta assoggettata la Grecia, come moltissimi degli usi, costumi e cultura, importarono anche la cosmetica, revisionandola e raggiungendo anche qualche eccesso tipico dell'età imperiale.

 

Nel Medioevo però, data la forte austerità e pudicizia imposte dalla Chiesa, si passò ad un uso molto più parsimonioso e poco appariscente della cosmetica. Addirittura i bagni venivano additati quali luoghi di promiscuità e perdizione fino ad essere addirittura incolpati di essere responsabili delle epidemie e a cadere in disuso. Purtuttavia, l'istinto femminile a farsi belle era indomabile e gli anatemi e i dettami religiosi venivano in parte ignorati. Vigeva quindi il luogo comune della donna che circuiva e conquistava il futuro marito con artifici e piccoli inganni che poi già dalla prima notte di nozze, cadevano in disuso per scoprire la vera essenza, brutta a tal punto da rendere impotente il novello sposo. In seguito, però, con le crociate e l'intensificarsi delle rotte mercantili in Oriente, furono reintrodotti prepotentemente trucchi, unguenti, pomate e profumi. Nell'epoca feudale poi, il modello culturale cortese si diffuse ampiamente come pure l'ideale di bellezza nordica con le narrazioni dei trovatori che pubblicizzavano la fama di bellissime castellane. Fu così che si diffuse il modello di bellezza femminile normanna: carnagione chiara, occhi azzurri e capelli biondi.

 

In tale contesto si inserì con prepotente autorevolezza il primo trattato di cosmetica della storia: il "De Ornatu Mulierum" della medichessa della Scuola Medica Salernitana Trotula De Ruggiero. Differentemente da altre opere del tempo, nei suoi trattati Trotula ricorre raramente all’uso curativo della religione, ad incantesimi, all’astrologia, o altre forme di mera superstizione. Era sposata con un altro illustre medico della scuola, Giovanni il Plateario ed assieme ebbero due figli, anch’essi illustri medici, Matteo e Giovanni il Giovane. Durante la sua vita, Trotula fu appellata Magistra Mulier Sapiens e le sue opere erano già largamente diffuse: studiosi affermano infatti che in tutta l’Europa occidentale erano diffusi più di cento versioni dei suoi manoscritti, a dimostrazione del fatto che fossero abitualmente utilizzati nell’ambito delle scuole mediche locali. La sua reputazione nel Medioevo era così importante che ritroviamo menzionato il suo nome anche ne “I racconti di Canterbury” di Geoffrey Chaucer  (1388-1400) ed, in seguito, nella prima metà del XIX sec., fu anche coniata una moneta in bronzo in suo onore.

 

 

 

2- Il Primo Trattato di Cosmetica della Storia

 

Il "De Ornatu Mulierum" (Sui cosmetici delle donne) è comunemente noto come “Trotula Minor”. Tale opera, col tempo, è stata assimilata ad una collezione di svariati manoscritti attribuiti alla medichessa di Salerno ed è un trattato che insegna alle donne come preservare e migliorare la propria bellezza e come curare le malattie della pelle mediante una serie di precetti, consigli e rimedi naturali. Nell’esposizione l’autore nomina spesso le mulieres salernitanae ad autorevole esempio, dà lezioni di make-up, suggerisce come nascondere le rughe, rimuovere gonfiori da viso e occhi, depilare il corpo, schiarire la pelle, nascondere le macchie e le lentiggini, lavare i denti ed eliminare l’alitosi, tingere i capelli, fare la ceretta, curare labbra screpolate e gengiviti. Fornisce inoltre indicazioni per preparare ed utilizzare unguenti ed erbe curative per il viso e i capelli e dispensa consigli per migliorare il benessere mediante bagni di vapore e massaggi. Nell’opera, la cosmesi non risulta un aspetto frivolo: al contrario, secondo il concetto di bellezza di Trotula la donna deve raggiungerla per entrare in accordo con la filosofia della natura, per cui la sua arte medica era ispirata alla bellezza come estrinsecazione di un corpo in salute e in armonia con l’universo. Nel lavoro di Paolo Cavallo et al. pubblicato sull'International Journal of Cosmetic Science, organo scientifico ufficiale della Società Internazionale dei Chimici Cosmetici e della Società Francese di Cosmetologia, sono stati analizzati alcuni aspetti del trattato da un punto di vista scientifico, sottolineando gli effetti terapeutici di alcuni interessanti ingredienti e ricette menzionati nel testo.

 

Il lavoro riporta 96 piante e derivati, 20 preparati di origine animale e derivati, 17 minerali, e 6 preparati misti, quali ingredienti per 63 ricette totali, in grado di ottenere altrettanti rimedi a scopo cosmetico e/o medicinale.

 

Molti degli ingredienti menzionati in detto trattato, oggigiorno non sono da considerarsi sicuri o adatti ad un uso attuale (agarico, giusquiamo nero, mercurio). Sono inoltre riportate anche le abitudini cosmetiche delle mulieres salernitanae.

 

Il trattato risulta essere il più antico manuale estetico prodotto da una donna medico per altre donne e aspiranti medici. Similmente, a memoria d’uomo Ovidio, Publio Ovidio Nasone, poeta romano (43 a.C. – 17 D.C.) scrisse un trattato di cosmetologia “Medicamina faciei foeminarum”, anche noto come “L’arte della bellezza” (di cui ci sono state tramandate solo 100 versi pubblicati nel 5 a.C. circa), ma, essendo un poeta, il suo scopo, e di conseguenza forma e contenuti, erano solamente per consacrarsi alla poesia e non insegnare o divulgare scienza.

 

Plinio il Vecchio scrisse la “Naturalis Historia”, Dioscoride Pedanio (Anazarba, Cilicia, odierna Turchia, 40 D.C. circa - 90 D.C. circa) medico Greco, farmacologo e botanico che esercitò in Roma al tempo di Nerone, scrisse il “Materia Medica”, ed Ildegarda di Bingen (1098 - 17 settembre 1179), eclettica intellettuale tedesca, scrisse la “Physica”, in tali trattati, però, la cosmetica non è l’argomento principale, ma è soltanto menzionato assieme ad altri quali la medicina, le scienze naturali, la filosofia e la teologia, e, soprattutto, non con l’intento di insegnare e divulgare la cosmetologia alle donne come invece nel “Trotula Minor”.

 

Le numerosissime ricette riportate nell’opera di Trotula attestano l’esistenza di un’importante cosmesi medievale. In particolare, la seconda parte del trattato include capitoli che contengono ricette e specifica ingredienti e dosaggi, procedure per la preparazione, modo di applicazione, e risultati attesi. Per esempio, di seguito è riportata una delle ricette di Trotula che spiega come accentuare il colore delle gote: “si prendano radici di brionia rossa e bianca, le si lavino, e tritino finemente e le si mettano ad essiccare. Di poi le si riducano in polvere e si mescolino ad acqua di rose, e con un panno di cotone o di lino molto sottile, si unga il viso che acquisirà un certo rossore. Per la donna che mostra un colorito bianco naturale, le si dona un colorito rosaceo se le occorre rossore, così che con un tipo di pallore finto o mascherato il colorito rosso appaia come se fosse naturale”.

 

Per fare biondi i capelli, Trotula propone una tintura ottenuta con la corteccia di sambuco, fiori di ginestra, zafferano e tuorlo d’uovo; oppure un altro unguento con api incenerite in un barattolo e mescolate ad olio e latte di capra.  Mentre per allungare i capelli e tingerli di nero, raccomanda un unguento ottenuto facendo bollire in olio la testa e la coda di una lucertola verde. Per quanto riguarda il make-up del viso e delle labbra, suggerisce una miscela di miele, cetriolo ed acqua di rose, bollite fino a divenire la metà del volume iniziale. Secondo i consigli di Trotula il trucco sulle labbra va applicato strofinando la corteccia delle radici dell’albero della noce e cospargendoci sopra un colore artificiale, ottenuto con albume e prezzemolo, e alla fine cenere di allume. Per schiarire il viso Trotula consigliava, invece, un unguento di cera ed olio.

 

La gran parte delle piante menzionate nel trattato ed anche le altre utilizzate dalla Scuola Salernitana per le preparazioni sperimentali erano inizialmente spontanee nell’area, e poi (soprattutto a partire dal XIV sec.), furono coltivate assieme ad altre piante introdotte nei Giardini della Minerva di Salerno. Alcune di queste erano di origine medio-orientale, altre addirittura di origine americana, ciò a conferma del fatto che l’opera di Trotula subì aggiornamenti di edizione in edizione, con l’aggiunta di rimedi più recenti (il manoscritto considerato è datato al XIII sec e fu ritrovato a Madrid).

 

Diversi problemi oggettivi sono stati riscontrati nell’analisi del testo. Prima di tutto sorge la difficoltà d’interpretazione di alcuni nomi di piante. È, infatti, difficile capire se i nomi comuni utilizzati al tempo, e riportati nel trattato, identifichino davvero le stesse piante coi nomi comuni utilizzati oggigiorno.

 

Da un confronto con gli attuali cosmetici, si evince chiaramente che quelli medievali erano molto più grassi (erano soprattutto unguenti), poiché venivano di solito preparati con grassi animali. Ciò permetteva ai principi attivi in essi contenuti di esplicare la loro azione a livello topico sulla pelle per un lungo periodo di tempo. I cosmetici moderni invece sono preparati in emulsioni (creme, latte, sieri) offrendo all’utilizzatore una migliore gradevolezza del prodotto. Tuttavia, la gran parte dei derivati vegetali riportati nel trattato sono ancora oggi utilizzati nei cosmetici moderni.

 

È difficile identificare anche tutte le malattie cutanee riportate nel trattato, a causa della nomenclatura dell’epoca e l’uso del latino. Ad esempio nel Medioevo “scabbia” era il nome associato a numerose malattie cutanee, incluso eczema, psoriasi, acne e vaiolo. I buoni risultati ottenuti trattando il cuoio capelluto con aceto per l’eczema seborroico o per la psoriasi lasciano pensare però che, quando Trotula menziona detti trattamenti per la “scabbia grave”, quasi certamente si faccia invece riferimento proprio ad eczema seborroico e psoriasi. È quindi poi di conseguenza difficile valutare approfonditamente l’efficacia dei rimedi trattati.

 

Comunque, al tempo, tutte le patologie pruriginose del viso (acne, eczema, psoriasi, tinea, impetigine) erano attribuite alla presenza sottocutanea di vermi e questi erano genericamente denominati scabbia.

 

Trotula descrive nel suo trattato un primordiale “scrub” facciale. Infatti consiglia di utilizzare un detergente esfoliante preparato con briciole di pane per levigare la pelle del viso. Quando nomina i vermi sottocutanei “che talvolta provocano la caduta dei capelli”, probabilmente allude alla seborrea che si manifesta con acne sul viso ed alopecia androginica sul cuoio capelluto. Qualche rimedio è chiaro, come l’uso di metodi fisici per la depilazione (gomma arabica, mastice del lentisco),  del mercurio per le infestazioni, e il miele come idratante. È interessante notare che oggigiorno nel XXI secolo ancora utilizziamo cosmetici basati su moltissimi principi attivi già menzionati nel trattato medievale, mentre i derivati di origine animale non lo sono più.

 

Trotula volse il suo interesse non solo sui problemi della cute, ma anche sulle affezioni oculari ed orali. Lo sbiancante dei denti può secondo lei essere ottenuto con metodi meccanici come lo strofinio del marmo. Viene descritto anche una specie di peeling primitivo (probabilmente per l’acne post-parto) sfruttando l’effetto irritante della cipolla. Infatti l’effetto anti-acne è dovuto all’alto contenuto in essa di allina e miscele simili allo zolfo43. Attualmente è noto che la cipolla possiede appunto anche un effetto antiaging poiché contiene acqua (90%), proteine (1,5%), e vitamine, quali B1, B2, e C insieme a potassio. Sono presenti anche polisaccaridi, come anche peptidi, flavonoidi, ed oli essenziali e vi sono state inoltre ritrovate anche prostaglandine a rivelare anche il loro effetto antiinfiammatorio.

L’aiuto di Trotula alle donne si esplica anche in un altro campo: l’uso di agenti astringenti e tinture rosse è consigliato dalla medichessa per far sembrare vergine una donna che non lo è più.

 

Da un punto di vista storico, l’opera di Trotula è molto importante anche per lo studio delle tendenze estetiche del Medioevo, come pure delle condizioni sociali delle donne. È davvero impressionante scoprire, grazie a tale testo, come molti problemi estetici avvertiti dalle donne dell’epoca siano gli stessi tutt’oggi quali la crescita dei peli, la calvizie, le tinture per capelli, il melasma, le rughe. D’altra parte, altre condizioni, quali ad esempio la cellulite non sono proprio considerate, probabilmente perché vi era un modello di bellezza femminile differente da quello attuale. A tal proposito è interessante notare che, nonostante sia risaputo che l’ideale medievale di bellezza femminile fosse incarnato nella donna normanna dai capelli biondi, la pelle chiara e gli occhi azzurri, invece, nell’opera di Trotula, sono riportati metodi per scurire i capelli e qualche metodo estetico arabo, confermando ulteriormente il ruolo chiave della Scuola Medica Salernitana di cerniera e sintesi tra le tradizioni mediche dell’area mediterranea.

 

In conclusione si può chiaramente affermare che il "De Ornatu Mulierum" di Trotula de Ruggiero segna una pietra miliare nell’ambito didascalico della cosmesi e nella dermatologia al femminile, sintetizzando tradizione e incontro tra culture differenti, intuizione, innovazione ed empiricità correttamente interpretata. Tale importanza, come pure la rilevanza scientifica, anche se nel corso degli anni messe in discussione o sottostimate a causa di errate o superficiali interpretazioni, sono invece indiscutibilmente suffragate dall’uso ancora attuale di svariati principi attivi menzionati, o loro derivati e similari, e dalla loro efficacia validata dai metodi scientifici attuali.

 

Le varie fasi della riproduzione di una ricetta del "De Ornatu Mulierum" di Trotula

Fig. 1 Le varie fasi della riproduzione di una ricetta del "De Ornatu Mulierum" di Trotula

 

a cura di Paolo Cavallo

 


3- Bibliografia

 

Paolo Cavallo, Maria Chiara Proto, Cataldo Patruno, Antonio Del Sorbo and Maurizio Bifulco.

THE FIRST COSMETIC TREATISE OF HISTORY. A FEMALE POINT OF VIEW.

Int J Cosmet Sci. 2008 Apr;30(2):79-86.

 

 

 


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